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T A
L I
A N
A
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha
pronunciato la seguente
D
E C I S I O N E
sul
ricorso in appello nr. 2859
del 2002
, proposto
dalla società Baldassini- Tognozzi Costruzioni
generali s.p.a.
, in persona del legale rappresentante,
rappresentata
e difesa
dagli
avv.ti Stefano Vinti,
Michela Reggio D’Aci, Corinna Fedeli
, elettivamente domiciliata presso il loro studio
in Roma, via Emilia, n.88,
CONTRO
-
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
, in persona del Ministro in carica,
rappresentato
e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, presso
la quale è domiciliato
in Roma, via dei Portoghesi, n.12,
-
il Consorzio Suburbia, in persona del legale rappresentante,
rappresentato e difeso dagli avv.ti Arturo Cancrini e Pierluigi
Piselli, elettivamente domiciliato
presso il loro studio in Roma, via G. Mercalli,
n.13,
per la riforma
della
sentenza del T.A.R. del Lazio, sez. II, 5 dicembre 2001,
n. 10725.
Visto
il
ricorso in appello
con i relativi allegati;
Visti
gli
atti
di costituzione in giudizio del Ministero delle
infrastrutture e trasporti e del Consorzio Suburbia;
Viste
le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
Visti
gli atti tutti della causa;
Alla
pubblica udienza del 3 dicembre 2002
, relatore il consigliere Marcello Borioni, uditi
altresì gli avv.ti S. Vinti, P. Piselli e l'avvocato dello
Stato P.
Palmieri
;
Ritenuto
e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Il T.A.R. del Lazio, sez. II, con sentenza 5
dicembre 2001, n. 10725, ha rigettato il ricorso proposto dalla
società Baldassini-Tognozzi Costruzioni generali s.p.a.: a) per
l’annullamento del decreto del Ministero dei lavori pubblici,
Direzione generale coordinamento territoriale, in data 8 luglio
2000, con il quale è stata “annullata l’aggiudicazione
provvisoria della gara indetta con bando pubblicato sul foglio
inserzioni della Gazzetta ufficiale n. 115 del 24 aprile 1996 ed
esperita in data 4 settembre 1996 a favore dell’Impresa
Baldassini-Tognozzi Costruzioni generali s.p.a.”; b) per la
condanna del Ministero dei lavori pubblici e del Consorzio
Suburbia al risarcimento del danno conseguente alla mancata
stipula del contratto di appalto o, in subordine, al
risarcimento del danno subìto dalla società predetta per
violazione dei princìpi generali del giusto procedimento e di
tutela dell’affidamento dei privati;
Il T.A.R. ha ritenuto, in sostanza, che le censure
dedotte avverso il decreto impugnato (omessa comunicazione di
avvio del procedimento di annullamento della aggiudicazione
provvisoria; omessa comunicazione del decreto di annullamento
alla società ricorrente; illegittimità del decreto di
annullamento per difetto dei presupposti, insufficienza della
motivazione, eccesso di potere) fossero infondate. Il T.A.R. ha
escluso anche la configurabilità di un ingiustificato stato di
inerzia pluriennale in capo all’amministrazione.
La sentenza è stata appellata dalla società
Baldassini-Tognozzi Costruzioni generali s.p.a.
, che ne contesta la motivazione e le
conclusioni, rinnovando le censure e le domande formulate con il
ricorso originario.
Si sono costituiti il Ministero delle infrastrutture e
dei trasporti, succeduto al Ministero dei lavori pubblici, e il
Consorzio Suburbia, che resistono all’appello, chiedendone il
rigetto.
Tutte le parti hanno presentato memorie illustrative
delle rispettive posizioni.
Alla pubblica udienza del 3 dicembre 2002
, il
ricorso in appello
veniva
trattenuto
per la decisione.
DIRITTO
Con la sentenza appellata è stato rigettato ricorso
proposto: a) per l’annullamento del decreto del Ministero dei
lavori pubblici, Direzione generale coordinamento territoriale,
in data 8 luglio 2000, recante l’annullamento
“dell’aggiudicazione provvisoria della gara indetta con
bando pubblicato sul foglio inserzioni della Gazzetta ufficiale
n. 115 del 24 aprile 1996, ed esperita in data 4 settembre 1996,
a favore dell’Impresa Baldassini-Tognozzi Costruzioni generali
s.p.a.”; b) per la condanna del Ministero dei lavori pubblici
e del Consorzio Suburbia al risarcimento dei danni.
L’appello, proposto dalla ricorrente originaria società
Baldassini-Tognozzi Costruzioni generali, è infondato nella
parte in cui rinnova la domanda di annullamento.
Come risulta dalla lettera d’invito, il decreto
ministeriale impugnato è l’atto conclusivo di un procedimento
che prevedeva un’aggiudicazione provvisoria, disposta dal
presidente della commissione di gara (art. 11), e
un’aggiudicazione definitiva, che sarebbe intervenuta dopo
“l’approvazione dell’esito della gara da parte del
Ministero dei lavori pubblici” (art.12). Il decreto è stato
adottato in considerazione del fatto che l’aggiudicazione
provvisoria non aveva prodotto effetti e che
“…non si può disporre di copertura finanziaria su
capitoli del Ministero dei lavori pubblici o in base a fondi di
altri soggetti”.
Ciò posto, va anzitutto rilevato come il carattere
endoprocedimentale dell’atto rimosso, il mancato riferimento a
vizi di legittimità, il richiamo alla sopravvenuta carenza di
fondi indichino concordemente che si tratta in realtà non di un
annullamento d’ufficio, ma di un diniego di approvazione.
Tale essendo, in base al criterio contenutistico, che
prevale sul dato letterale, la natura del decreto impugnato,
cade la censura di violazione dell’art. 7 della legge n.241/1990.
Questa norma, infatti, sancisce l’obbligo di dare
comunicazione all’interessato dell’avvio del procedimento,
non già di preavvisarlo dell’adozione del provvedimento che
lo conclude.
Va disattesa anche la seconda censura, poiché la mancata
comunicazione del decreto alla società appellata, che ne era
destinataria, concreta un’omissione concernente un adempimento
estrinseco e successivo al perfezionamento dell’atto e,
pertanto, non può produrre effetti invalidanti. La sola
conseguenza che ne deriva riguarda la decorrenza del termine per
l’impugnazione, ma nel caso in esame questo problema non si
pone.
Quanto agli asseriti vizi di difetto di motivazione e di
eccesso di potere, va rimarcato che l’amministrazione si è
indotta a non dare corso all’esito della gara perché non
disponeva dei fondi necessari per la realizzazione dell’opera.
Questa circostanza costituisce una motivazione congrua ed
esaustiva, poiché il corretto svolgimento dell’azione
amministrativa ed un principio generale di contabilità pubblica
risalente all’art. 81 della Costituzione esigono che i
provvedimenti comportanti una spesa siano adottati soltanto se
provvisti di adeguata copertura finanziaria. D’altra parte, se
specifiche ragioni di interesse pubblico possono consentire la
revoca dell’aggiudicazione di un appalto (Cons. Stato, Sez. V,
24 ottobre 2000, n.5710), a
maggior ragione deve riconoscersi che l’amministrazione
è legittimata a negare l’aggiudicazione definitiva quando non
sarebbe possibile l’assunzione dell’impegno di spesa.
Il riconoscimento che il decreto ministeriale impugnato
è indenne da vizi esclude che si sia verificata la lesione
della pretesa sostanziale della società appellante, onde
l’azione risarcitoria non merita, sotto tale profilo,
accoglimento.
Tuttavia nell’appello viene anche prospettata, come già
in primo grado, l’ipotesi della responsabilità
precontrattuale di cui all’art. 1337 cod. civ..
In concreto si tratta di accertare se le amministrazioni
appellate (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, già
dei lavori pubblici; Consorzio Suburbia in liquidazione) abbiano
compiuto azioni o siano incorse in omissioni contrastanti con il
principio espresso dalla norma predetta, secondo il quale la
pubblica amministrazione, al pari dei soggetti privati, è
tenuta a comportarsi con correttezza nelle relazioni con i terzi
nella fase prenegoziale.
Preliminarmente va rilevato che la questione si collega a
comportamenti tenuti dall’amministrazione nell’esercizio
della funzione pubblica relativa al procedimento di gara e,
pertanto, rientra nei poteri di cognizione del giudice
amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva essendo
intrinsecamente connessa ad una procedura “di affidamento di
lavori” (art.6, comma 1, della legge 21 luglio 2000, n.205.)
Nel merito la domanda è fondata nei limiti di seguito
specificati.
Nelle premesse del citato decreto n. 623 dell’8 luglio
2000 si legge che, con precedente decreto ministeriale n. 891
del 9 giugno 2000, erano “state accertate le economie di spesa
per la quota parte delle somme, in stato di perenzione, a favore
del Consorzio Suburbia sul capitolo 9423 e non più utilizzabili
a favore di altro creditore, ai sensi delle norme di contabilità
di Stato”. Inoltre, dalla memoria dell’amministrazione del
21 novembre 2001 si apprende che i fondi stanziati a suo tempo
erano “andati in perenzione pochi mesi dopo la stipula della
convenzione, esattamente il 31 dicembre 1992, e non è stato
possibile ottenere la copertura finanziaria per l’appalto in
questione”.
Poiché la mancanza di fondi costituisce una circostanza
oggettivamente impeditiva della realizzazione dell’opera, il
principio di correttezza esigeva che, nel momento in cui è
stato accertato o poteva essere accertato il venir meno della
copertura finanziaria, il Ministero dei lavori pubblici
disponesse il rinvio della gara.
Ma il Ministero non ha adottato alcuna iniziativa in
questo senso e, in particolare, non ha informato della carenza
di fondi il Consorzio Suburbia, tenuto a svolgere le funzioni di
stazione appaltante (art.11 della convenzione), neppure quando
questo, con nota del 14 novembre 1995, comunicava l’intento di
procedere “alla fase realizzativa, tramite indizione della
gara di appalto, nei modi concordati e ai sensi delle norme
vigenti in materia”.
Siffatto comportamento, del quale non è stato fornita
alcuna giustificazione, concreta una violazione del principio
che impone alle parti di comportarsi secondo buona fede anche
nelle attività precontrattuali e, per conseguenza, determina il
configurarsi, a carico del Ministero, della responsabilità di
cui al citato art. 1337 cod. civ. nei confronti della società
appellante, che, per parte sua,
ha partecipato alla gara avendo pieno titolo a confidare
sulla affidabilità degli atti di gara, adottati dal
concessionario in nome e per conto del Ministero (art.10 della
convenzione 27 dicembre 1990 e atto aggiuntivo del 15 luglio
1991).
Nell’ipotesi di responsabilità precontrattuale il
danno risarcibile consiste, secondo la costante giurisprudenza,
nella diminuzione patrimoniale che è diretta conseguenza del
comportamento del soggetto che ha violato l’obbligo della
correttezza, definito comunemente “interesse contrattuale
negativo”.
La società appellante definisce l’oggetto della
domanda di risarcimento ai sensi dell’art. 1337 cod. civ.
“nelle spese sopportate per l’approntamento della
partecipazione alla gara, nonché nella perdita delle occasioni
di lavoro alternative”, tuttavia, mentre ha esplicitato e
specificato le spese sostenute
non ha in alcun modo dimostrato l’entità dell’asserito
pregiudizio derivante dalla perdita di altre occasioni. Sicché,
per questa seconda parte, la domanda è inammissibile.
Accertata la fondatezza dell’azione risarcitoria nei
limiti predetti, si assegna al Ministero delle infrastrutture e
dei trasporti, in applicazione di quanto previsto dall’art.35,
comma 2, del D. Lgs. 31 marzo 1998, n.80, il termine di sessanta
giorni dalla comunicazione o notificazione della presente
decisione per la formulazione di un’offerta di risarcimento
commisurata alle spese sostenute dalla società appellante per
la partecipazione alla gara.
In conclusione l’appello va accolto in parte nei sensi
sopra specificati.
Le spese e gli onorari dei due gradi di giudizio possono
essere compensati.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione IV),
definitivamente pronunziando sull'appello, meglio indicato in
epigrafe, accoglie l’appello nei sensi e nei limiti di cui in
motivazione.
Spese
dei due gradi di giudizio compensate.
Ordina
che la presente decisione sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così
deciso in Roma, Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato,
nella camera di consiglio del 3 dicembre 2002
, con l'intervento dei sigg.ri
Stenio
RICCIO
Presidente,
Domenico
LA MEDICA
Consigliere,
Marcello
BORIONI
Consigliere, estensore
Giuseppe
CARINCI
Consigliere,
Vito
POLI
Consigliere.
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL
SEGRETARIO
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