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A.T.I.: La maggiorazione del 20% sull'importo di iscrizione si applica anche per tutte le imprese facenti parte di una associazione temporanea. 

Consiglio di stato sez. V sentenza n. 5192/2001.

REPUBBLICA ITALIANA                  N. 5192/01 REG.DEC.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                        N. 6188 REG.RIC.

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale,   Quinta  Sezione           ANNO 1998

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 6188 del 1998 , proposto da Comune di Locri , rappresentato e difeso dall’avv. Enzo Maria Marenghi , elettivamente domiciliato presso il medesimo in Roma, Piazza di Pietra 63

contro

Impresa Costruzioni Catalano Giuseppe, in proprio e quale mandataria di a.t.i. con Impresa Costruzioni Italo Gallo, Impresa Costruzioni Renato Gallo e Impresa Costruzioni Filippo Catalano, rappresentata e difesa  dall’avv. Vincenzo Avellis e, successivamente, anche dall’avv. Raffaele Fioresta, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Bentivoglio 32 presso il primo

e nei confronti

di Ditta Varacalli e C., s.n.c.,

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria , Reggio Calabria, 21 maggio 1998, n. 572, resa tra le parti.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Impresa Costruzioni Catalano Giuseppe in proprio e quale mandataria di a.t.i. ;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Vista l’ordinanza n. 1528/98 con la quale è stata accolta la richiesta di sospensione della esecuzione della sentenza appellata;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 19 giugno 2001  il consigliere Marzio Branca,  e uditi l’avv. Marenghi per il Comune e l’avv. Fioresta per l’Impresa Catalano .

Visto il dispositivo della decisione n. 345 del 23 giugno 2001;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

Con la sentenza in epigrafe, è stato accolto il ricorso proposto dall’Impresa Costruzioni Giuseppe Catalano, in proprio e quale mandataria di a.t.i., avverso l’esclusione dalla gara per l’appalto, indetto dal Comune di Locri, per la costruzione del Palazzo della Cultura, II Stralcio, aggiudicato alla Impresa Varacalli e C..

La decisione ha ritenuto che la somma degli importi di iscrizione all’A.N.C. delle singole imprese associate con la Catalano (150 milioni x 4) andava maggiorato di 1/5 ai sensi dell’art. 23 del d.lgs. 401 del 1991, ed in tal modo l’a.t.i. avrebbe raggiunto la base d’asta di Lire 495.460.755=.

Avverso la sentenza ha proposto appello il Comune di Locri, sostenendo la legittimità del provvedimento annullato in prime cure.

L’Impresa Catalano si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto del gravame.

Alla pubblica udienza del 19 giungo 2001  la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Può prescindersi dalle eccezioni di inammissibilità del ricorso accolto in primo grado, perché l’appello va accolto nel merito.

L’A.T.I. appellata è stata esclusa dalla gara, con importo base di L. 695.460.755=, perché le quattro imprese associate, iscritte ciascuna per un importo di 150 milioni, non risultavano classificate, nel loro insieme, per una somma “almeno pari all’importo dei lavori da appaltare”, come invece prescritto dall’art. 23, comma 4, del d.lgs. n. 406 del 1991

La sentenza impugnata ha ritenuto illegittima tale determinazione, osservando che il comma 5 del medesimo art. 23 ha esteso alle associazioni di imprese il disposto dell’art. 5, comma 1, seconda parte, della legge 10 febbraio 1952, n. 57, come modificato dall’art. 2 della legge 29 marzo 1965, n.203, a norma del quale le imprese, qualunque sia l’importo della ottenuta classifica,  possono assumere lavori di importo superiore a quello per cui sono iscritti, aumentato di un quinto.

Doveva dunque ritenersi che l’ATI appellata possedeva il requisito richiesto.

La tesi del primo giudice è stata disattesa dalla prevalente giurisprudenza del Consiglio di Stato. In una recente decisione (Sez. V, 15 febbraio 2000, n. 201, seguita da altre pronunce nello stesso senso del C.G.A.R.S., 6 novembre 2000, n. 436; 29 gennaio 2001, n. 3), l’intera problematica connessa all’interpretazione dell’art. 23, comma 5, del d.lgs. n.401 del 1991 è stata oggetto di un nuovo approfondito esame, che non ha consentito di smentire le conclusioni già affermate con la decisione dell’Ad.Plen. 27 novembre 1990 n. 10, della Sez. IV, 30 luglio 1996, n. 918, ed altre, che avevano risolto negativamente analogo  quesito..

Va infatti ricordato come già la legge 8 agosto 1977 n. 584, che per la prima volta introduceva nelle procedure di appalto la figura del raggruppamento di imprese, all’art. 21, comma 1, dopo aver stabilito che ciascuna delle imprese riunite deve essere iscritta per la classifica corrispondente ad un quinto dell’importo dei lavori oggetto dell’appalto, disponeva: “in ogni caso la somma degli importi per i quali le imprese sono iscritte deve essere almeno pari all’importo dei lavori”, ponendo il problema se i raggruppamenti di imprese potessero beneficiare dell’incremento del quinto dell’importo di iscrizione, concesso all’impresa singola dal ricordato art. 5, comma 1, della legge n. 57 del 1962, cit.. Le conclusioni negative cui giunse la giurisprudenza suaccennata  non risultano infirmate alla stregua della normativa sopravvenuta.

L’art. 23 del d.lgs. n. 406 del 1991, infatti, al comma 2 ribadisce per ciascuna delle imprese raggruppate l’obbligo di iscrizione almeno per un quinto dell’importo dei lavori, e, al comma 4, torna ad affermare che in ogni caso la somma degli importi per i quali le singole imprese sono iscritte deve essere almeno pari all’importo dei lavori.

L’innovazione consiste nell’introduzione del comma 5, che ha esteso alle associazioni di imprese il disposto dell’art. 5, comma 1, seconda parte, della legge 10 febbraio 1952, n. 57, come modificato dall’art. 2 della legge 29 marzo 1965, n.203, a norma del quale le imprese, qualunque sia l’importo della ottenuta classifica,  possono assumere lavori di importo superiore a quello per cui sono iscritti, aumentato di un quinto.

La giurisprudenza ha osservato che alla novella di cui al riferito comma 5, non può essere attribuito l’effetto di consentire l’acquisizione dell’appalto anche ai raggruppamenti composti da imprese che nel loro insieme non dispongono di iscrizione almeno pari all’importo dei lavori, poiché in tal caso risulterebbe del tutto vanificato il disposto di cui al comma 4, che espressamente ribadisce il divieto.

Inoltre, deve essere valorizzato il dato testuale, secondo cui l’incremento del quinto sull’importo dell’iscrizione non è conferito al raggruppamento, bensì “nei riguardi di ciascuna delle imprese partecipanti”, sicché deve intendersi correlato al precetto che concerne le condizioni di ogni singola impresa. E tale precetto è quello stabilito dal comma 2, che impone a ciascuna delle imprese raggruppate di essere iscritta per classifica corrispondente ad un quinto dell’importo dei lavori.

Ne consegue che in forza del  comma 5 il beneficio di assumere lavori di importo superiore di un quinto a quello di iscrizione si applica, in caso di raggruppamento di imprese, solo ai fini del computo del limite di iscrizione individuale di ciascuna impresa. In altri termini, l’imprenditore che partecipa al raggruppamento dovrà possedere una classifica di iscrizione che, aumentata del 20%, sia almeno pari ad un quinto dei lavori da appaltare.

L’affermazione del T.A.R., che la tesi qui accolta si porrebbe in contrasto con i principi del diritto comunitario contrari a discriminazioni tra imprese singole ovvero associate nel concorso ai pubblici appalti, non sono condivisibili.

In primo luogo non è rinvenibile nelle fonti comunitarie invocate alcuna imposizione in termini cogenti di un obbligo di identità assoluta di disciplina tra imprese singole ed imprese associate.

In secondo luogo, è innegabile che il raggruppamento di imprese, prima che sul piano giuridico della soggettività, rappresenti una realtà economica e materiale sostanzialmente diversa da quella dell’impresa singola. L’interesse primario dell’Amministrazione consiste nella effettiva e tempestiva esecuzione dei lavori, e, su questo piano, l’affidabilità di un soggetto esecutore che si scompone in una molteplicità di realtà imprenditoriali appare complessivamente inferiore a quella dell’esecutore singolo.

Ne consegue che la scelta legislativa di imporre, quale condizione per l’aggiudicazione dei lavori, che tutte le imprese riunite siano iscritte per un importo totale almeno pari al valore dell’appalto, lungi dal costituire espressione di uno sfavore ingiustificato ed anacronistico verso l'associazione temporanea di imprese, realizza una diversità di disciplina rispetto all’imprenditore singolo che tiene conto di obiettive differenze tra le due ipotesi, e quindi non risulta illogica o irrazionale.

In conclusione l’appello merita accoglimento.

La spese possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie     l’appello in epigrafe; e, per l’effetto, in riforma della sentenza  impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado;

dispone la compensazione delle spese;

ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma, nella  camera di consiglio del 19 giugno   2001 con l'intervento dei magistrati:

Pasquale de Lise                             Presidente

Andrea Camera                               Consigliere

Giorgio Trovato                              Consigliere

Filoreto D’Agostino                        Consigliere

Marzio Branca                                 Consigliere est.

L'ESTENSORE                                IL PRESIDENTE

f.to Marzio Branca                                      f.to Pasquale de Lise

IL SEGRETARIO

f.to Luciana Franchini