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1.- Riunione di imprese.
Il raggruppamento di imprese non è un'impresa in senso tecnico e giuridico, ma è uno strumento messo in opera, di volta in volta, per consentire a più imprese, tra cui una capogruppo, di presentare un'offerta unitaria in gare di appalto, alle quali non avrebbero altrimenti potuto partecipare per mancanza di requisiti tecnici e finanziari o per eccessivo rischio (Cons. Stato, sez. IV, 30 luglio 1996, n. 918).
La riunione di imprese non ha soggettività giuridica unitaria; ciascuna impresa, pur operando all'interno della riunione, si presenta munita della propria esperienza, dei propri mezzi economici, tecnici e finanziari, delle proprie metodologie applicative e di condizioni personali di affidabilità
(Cons. Stato, sez. V, 15 febbraio 2000, n. 801). Al riguardo statuisce espressamente l'art. 95, comma 7, del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, secondo cui “…il rapporto di mandato non determina di per sé organizzazione o associazione delle imprese riunite, ognuna delle quali conserva la propria autonomia ai fini della gestione, degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali”.
2 Tipi di associazione.
2.1 Associazione temporanea di tipo orizzontale.
Nell'associazione temporanea di tipo orizzontale ogni impresa riunita è responsabile, nei confronti dell'amministrazione, dell'esecuzione dell'intera opera e la distribuzione del lavoro per ciascuna impresa non rileva all'esterno (Cons. Stato, sez. V, 4 novembre 1999, n. 1805; Cons. giust. amm. 13 ottobre 1998, n. 618, e 16 settembre 1998, n. 477). Non vi sono parti dell'opera assegnate a determinate imprese riunite le quali, in mancanza di specifiche indicazioni nell'offerta e nel contratto, hanno il diritto e l'obbligo di eseguire l'appalto per quote eguali. L'associazione temporanea di tipo orizzontale, proprio per i requisiti che deve possedere (responsabilità solidale ed illimitata tra tutte le imprese riunite), offre all'amministrazione appaltante maggiori garanzie sull'esecuzione dei lavori rispetto l'associazione di tipo verticale (Cons. giust. amm. 13 ottobre 1998, n. 618, e 16 settembre 1998, n. 477).
Il patto non scritto con il quale le singole imprese si accordano nel senso di affidare l'esecuzione dell'appalto ad una sola di esse è nullo per difetto di forma scritta, richiesta a pena di nullità per i contratti conclusi con la pubblica amministrazione, in quanto il patto realizzerebbe una modifica del contratto di appalto concluso con l'amministrazione (Cass., sez. I, 2 marzo 1996, n. 1650). E' comunque nullo, per elusione di norme imperative, l'accordo interno fra le singole imprese in forza del quale taluna di esse viene esclusa dall'esecuzione dei lavori appaltati; l'accordo, infatti, è contrario allo scopo principale dell'associazione temporanea, ravvisabile nell'esigenza di assicurare, con il concorso di tutte le imprese, il buon andamento ed il risultato finale dei lavori appaltati, altrimenti compromessi dalla presupposta inadeguatezza dei mezzi tecnici e finanziari posseduti dalle imprese singole (Cass., sez. I, 7 agosto 1997, n. 7287).
La ripartizione delle quote di partecipazione ad un'associazione temporanea di tipo orizzontale può essere la più varia. La giurisprudenza ritiene che nessuna disposizione di legge vieti la riunione di imprese per quote di lavori quantitativamente limitate (Cons. giust. amm. sic. 13 ottobre 1998, n. 618, che, nella specie, ha escluso la nullità del negozio giuridico di associazione in un caso di riunione di concorrenti in cui la capogruppo mandataria possedeva il 98% della quota di partecipazione e le altre due imprese mandanti l'1% ciascuna).
Per le associazioni temporanee di imprese di tipo orizzontale, ai sensi dell'art. 95, comma 2, del d.P.R. n. 554/1999, “i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi richiesti nel bando di gara per le imprese singole devono essere posseduti dalla mandataria o da una impresa consorziata nelle misure minime del 40%; la restante percentuale è posseduta cumulativamente dalle mandanti o dalle altre imprese consorziate ciascuna nella misura minima del 10% di quanto richiesto all'intero raggruppamento. L'impresa mandataria in ogni caso possiede i requisiti in misura maggioritaria”. L'ultimo periodo della disposizione comporta che, nell'ipotesi in cui il bando di gara individua i requisiti minimi finanziari e tecnici richiesti per la costituzione di un'associazione temporanea di imprese in misura non inferiore al 40% per la capogruppo e al 60% per le imprese mandanti, qualora un'associazione sia stata costituita solo fra due imprese, alla mandante non può più essere richiesta una capacità finanziaria e tecnica non inferiore al 60% (diversamente, in vigenza della normativa precedente, Cons. Stato, sez. VI, 1 dicembre 1998, n. 1397, che ha ritenuto legittima l'esclusione dell'associazione nella quale l'impresa mandante risultava in possesso del solo 40% della capacità tecnica ed economica, in luogo del richiesto 60%).
In virtù della responsabilità solidale delle imprese riunite in associazione orizzontale nei confronti dell'amministrazione, è stata ritenuta legittima la richiesta di specifici requisiti anche in capo alle imprese partecipanti, a prescindere da quelli posseduti dalla capogruppo (Cons. giust. amm. sic. 21 dicembre 1998, n. 678).
2.2. Associazione temporanea di tipo verticale.
Nell'associazione temporanea di tipo verticale un'impresa, che sia capace per l'intera categoria prevalente, ha bisogno di associarsi ad altra impresa che abbia la capacità di realizzare la categoria delle opere scorporabili; l'impresa capogruppo è responsabile dell'intera opera nei confronti del soggetto appaltante, mentre le altre imprese, che hanno assunto le parti scorporate, lo sono solo per la propria parte (Cons. Stato, sez. V, 4 novembre 1999, n. 1805; Cons. giust. amm. 13 ottobre 1998, n. 618, e 16 settembre 1998, n. 477). La giurisprudenza ha ritenuto che solo nel caso di associazioni temporanee di tipo verticale fosse consentita la partecipazione di imprese associate prive del requisito dell'iscrizione all'albo nazionale dei costruttori per tutte le categorie delle opere oggetto dell'appalto (Cons. Stato, sez. V, 14 luglio 1997, n. 812 e 4 dicembre 1996, n. 1476).
Per le associazioni temporanee di imprese di tipo verticale, ai sensi dell'art. 95, comma 3, del d.P.R. n. 554/1999, “i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi sono posseduti dalla capogruppo nella categoria prevalente; nelle categorie scorporate ciascuna mandante possiede i requisiti previsti per l'importo dei lavori della categoria che intende assumere e nella misura indicata per l'impresa singola. I requisiti relativi alle lavorazioni scorporabili non assunte da imprese mandanti sono posseduti dalla impresa mandataria con riferimento alla categoria prevalente”.
La possibilità per una delle imprese mandanti di assumere lavori scorporabili non esclude che i requisiti debbano essere posseduti al momento della domanda di partecipazione, né consente ad un'impresa, che non abbia i requisiti previsti per le opere scorporabili, una sorta di domanda di partecipazione per impresa da nominare. Solo un'impresa che abbia i requisiti previsti per le opere scorporabili potrà avvalersi della facoltà di nominare successivamente una diversa impresa che di quelle opere si assuma l'esecuzione; mentre l'impresa, che quei requisiti non abbia, non può esimersi dall'indicare nella domanda di partecipazione un'idonea impresa mandante (Cons. Stato, sez. V, 2 aprile 1996, n. 375).
2.3. Associazione temporanea di tipo misto.
Sono consentite anche associazioni temporanee di imprese di tipo misto. Tali sono quelle che cumulano in un unico assetto organizzativo le caratteristiche proprie dell'associazione così detta orizzontale, per l'esecuzione dei lavori della categoria prevalente, con quelle dell'associazione così detta verticale tra imprese mandanti e le precedenti ai fini dell'esecuzione delle opere scorporabili. Nell'ipotesi in cui è possibile realizzare la riunione verticale si ammette, quindi, la riunione orizzontale per i lavori della categoria prevalente; ne consegue che la presenza di opere scorporabili non permette di ricorrere unicamente al raggruppamento di tipo verticale (Cons. giust. sic. 3 febbraio 2000, n. 36; 13 ottobre 1998, n. 618; 16 settembre 1998, n. 477).
3. Il mandato all'impresa capogruppo.
Ai sensi dell'art. 95, comma 5, del d.P.R. n. 554/1999, “il mandato conferito all'impresa capogruppo dalle altre imprese riunite deve risultare da scrittura privata autenticata. La relativa procura è conferita al legale rappresentante dell'impresa capogruppo. Il mandato è gratuito ed irrevocabile e la sua revoca per giusta causa non ha effetto nei confronti della stazione appaltante”.
Si tratta di mandato collettivo speciale con rappresentanza (art. 93, comma 1, del d.P.R. n. 554/1999), che si configura come atto di natura contrattuale relativo ad un rapporto intercorrente tra impresa mandante ed impresa mandataria. L'autenticazione compete esclusivamente al notaio ai sensi dell'art. 2703 c.c., non potendosi applicare l'art. 20 della l. 4 gennaio 1968, n. 15, il quale consente che l'autenticazione delle firme possa essere effettuata anche da altri soggetti all'uopo abilitati, quali il segretario comunale o altro funzionario incaricato dal sindaco, soltanto per le istanze da produrre agli organi della pubblica amministrazione e non per gli atti di natura negoziale relativi a rapporti fra soggetti diversi dall'amministrazione (Cons. Stato, sez. VI, 22 novembre 1996, n. 1383).
Ai sensi dell'art. 95, comma 6, del d.P.R. n. 554/1999, “al mandatario spetta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, delle imprese mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall'appalto, anche dopo il collaudo dei lavori, fino alla estinzione di ogni rapporto”.
Tale norma, secondo la giurisprudenza, comporta che le imprese associate, salvo specifiche diverse previsioni, non possono ingerirsi nell'attività della capofila e che la rappresentanza processuale della capofila opera in tutti i rapporti con la stazione appaltante (Cons. giust. amm. sic. 15 febbraio 1999, n. 33).
Secondo quanto disposto dall'art. 13, comma 5, della l. n. 104/1994, non occorre più che il mandato collettivo con rappresentanza sia conferito all'impresa capogruppo prima della formulazione dell'offerta (a differenza di quanto richiesto dalla normativa precedente: si veda Cons. Stato, sez. V, 15 giugno 1998, n. 842). E' infatti sufficiente l'impegno, da parte di tutte le imprese che sottoscrivono l'offerta, a costituire il raggruppamento in caso di aggiudicazione della gara e l'indicazione dell'impresa capogruppo. Ne consegue l'illegittimità di eventuali prescrizioni del bando di gara o della lettera di invito le quali impongono la previa costituzione del raggruppamento che partecipa alla gara o la produzione, a fini di partecipazione, della documentazione relativa alla costituzione stessa. La clausola dovrà essere impugnata; altrimenti non sarà possibile pretenderne un'interpretazione “secondo legge”, nel senso dell'ammissione, in ogni caso, di offerte con l'impegno a costituire il raggruppamento solo in caso di aggiudicazione.
3.1 Vicende del mandato.
In ambito di fallimento dell'impresa mandataria o di un'impresa mandante dispone l'art. 94 del d.P.R. n. 554/1999, secondo cui:
“1. In caso di fallimento dell'impresa mandataria ovvero, qualora si tratti di impresa individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del suo titolare, la stazione appaltante ha facoltà di proseguire il rapporto di appalto con altra impresa che sia costituita mandataria nei modi previsti dall'articolo 93 purché abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori ancora da eseguire, ovvero di recedere dall'appalto.
2. In caso di fallimento di una delle imprese mandanti ovvero, qualora si tratti di un'impresa individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del suo titolare, l'impresa capogruppo, ove non indichi altra impresa subentrante che sia in possesso dei prescritti requisiti di idoneità, è tenuta alla esecuzione, direttamente o a mezzo delle altre imprese mandanti, purché queste abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori ancora da eseguire”.
Secondo la giurisprudenza il fallimento della società capogruppo comporta la risoluzione del mandato ai sensi dell'art. 78 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267. L'impresa mandante, conseguentemente, se l'accettazione dell'opera è avvenuta prima della dichiarazione di fallimento, può riscuotere dall'amministrazione appaltatrice il corrispettivo per l'esecuzione dell'appalto per la quota corrispondente alla parte dei lavori appaltati la cui esecuzione era di sua spettanza sulla base dell'accordo di associazione temporanea (Cass., sez. I, 15 gennaio 2000, n. 421).
In caso di recesso dell'impresa mandante nell'ipotesi di associazione di due sole imprese, l'impresa capogruppo è tenuta a continuare, da sola o previa sostituzione dell'impresa receduta, l'esecuzione del contratto nei confronti dell'amministrazione, trattandosi di mandato conferito non solo nell'interesse del mandatario ma pure in quello, preminente, dell'amministrazione committente (Cass., sez. I, 11 maggio 1998, n. 4728).
4. La partecipazione alla gara.
Ai sensi dell'art. 93, comma 2, del d.P.R. n. 554/1999, “in caso di licitazione privata, di appalto concorso o di trattativa privata, l'impresa invitata individualmente ha la facoltà di presentare offerta o di trattare per sé o quale capogruppo di imprese riunite, ai sensi del comma 1”.
La giurisprudenza ha ritenuto possibile che alla fase della partecipazione prendano parte in forma di raggruppamento imprese prequalificate individualmente, nell'ipotesi in cui la selezione preventiva sia diretta alla mera verifica dell'ammissione alla gara senza attribuzione di punteggio. Nell'ipotesi in cui, invece, la procedura di prequalificazione sia destinata ad attribuire (nella specie, nella misura del 50%) un punteggio da computare in sede di valutazione conclusiva, non è più possibile il raggruppamento di imprese, che darebbe luogo ad una non consentita modificazione soggettiva dei partecipanti in uno stadio in cui sono noti elementi valutativi di merito (Cons. Stato, sez. VI, 23 marzo 1998, n. 344).
4.1 Requisiti.
Ai sensi dell'art. 3, comma 2, del d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, “la qualificazione in una categoria abilita l'impresa a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto; nel caso di imprese raggruppate o consorziate la medesima disposizione si applica con riferimento a ciascuna impresa raggruppata o consorziata, a condizione che essa sia qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dell'importo dei lavori a base di gara”. Ciò comporta che l'imprenditore che partecipa al raggruppamento deve possedere una classifica di iscrizione la quale, aumentata del 20%, sia almeno pari ad un quinto dei lavori da appaltare.
La giurisprudenza ha ritenuto che la disciplina sui requisiti di ammissione ad una gara di appalto di opere pubbliche, nei confronti di imprese associate, sia posta a garanzia dell'amministrazione, poiché ne tutela l'interesse a che la partecipazione venga circoscritta ai soli soggetti muniti dei necessari requisiti tecnico-economici. Con la conseguenza che l'amministrazione stessa, nel predisporre la lex specialis della procedura, può rendere più rigorose le condizioni ordinarie, purché non si vada oltre limiti di ragionevolezza e logicità
(Cons. Stato, sez. V, 15 febbraio 2000, n. 801).
4.2 Divieto di partecipazione cumulativa.
La norma di interesse è il comma 4 dell'art. 13 della l. n. 109/1994; comma che è stato modificato dall'art. 9, comma 24, della l. n. 415/1998. A seguito della modifica, anche per il settore dei lavori pubblici, vige il divieto di partecipazione cumulativa, ad una stessa procedura di aggiudicazione, dei consorzi di cooperative di produzione e lavoro e dei singoli soggetti consorziati, a titolo sia individuale che aggregato; con la precisazione però che, stante l'obbligo di indicare all'atto dell'offerta per quale impresa consorziata quest'ultima venga formulata, l'operatività della clausola di esclusione si restringe alle sole imprese cooperative effettivamente interessate e, quindi, ai soli consorzi cui partecipino tali imprese (in quest'ultimo senso, Cons. Stato, sez. V, 21 giugno 1999, n. 294).
Lo stesso vale anche per i consorzi stabili (art. 12, comma 5, della l. n. 109/1994).
Prima della modifica la giurisprudenza ha ritenuto, comunque, la legittimità della clausola del bando che prevedeva l'esclusione di società cooperative di produzione e lavoro nel caso in cui alla gara abbia partecipato anche il consorzio del quale le cooperative stesse avessero fatto parte (Cons. Stato, sez. V, 20 giugno 1994, n. 687). Mentre, in assenza di contraria disposizione del bando, è stata considerata legittima l'ammissione alla gara di due consorzi di cooperative di produzione e lavoro dei quali faceva parte una medesima cooperativa (Cons. Stato, sez. V, 21 giugno 1999, n. 294).
Il divieto previsto dal comma 4 dell'art. 13 della l. n. 109/1994 non può applicarsi in via analogica al subappalto, dato che esso, non comportando alcun rapporto associativo poiché spiega nei rapporti tra appaltatore e subappaltatore l'efficacia di un appalto, e avendo lo stesso oggetto dell'appalto di cui subisce le conseguenze delle vicende del negozio originario rispetto al quale si configura come derivato, non può ricondursi al fenomeno associativo (T.A.R. Basilicata 31 luglio 1998, n. 238).
5. Società tra imprese riunite.
L'art. 96 del d.P.R. n. 554/1999, come già l'art. 26 del d. l.vo 19 dicembre 1991, n. 406, prevede che le imprese riunite, dopo l'aggiudicazione, possono costituire tra loro una società anche consortile per l'esecuzione unitaria, totale o parziale, dei lavori. La società subentra nell'esecuzione dei lavori senza che ciò sia considerato appalto o cessione di contratto, a condizione che tutte le imprese riunite facciano parte della stessa società. La previsione risponde ad una duplice esigenza: da un lato tende ad impedire che possano eseguire i lavori imprese non aggiudicatarie le quali non hanno superato il vaglio dei controlli; dall'altro tende ad evitare che i lavori siano eseguiti solo da alcune delle imprese che hanno assunto l'incarico con depauperamento delle garanzie tecniche ed economiche per una corretta esecuzione dei lavori. In considerazione di tali esigenze, la giurisprudenza ha ritenuto che la mancata partecipazione di una delle imprese vincitrici della gara al consorzio possa costituire illecito civile per inadempimento contrattuale verso la pubblica amministrazione, ma non configurare l'illecito penale di cui all'art. 21 della l. 13 settembre 1982, n. 646 (Cass. pen., sez. III, 20 febbraio 1997, n. 1602).
Fonte: Autorità di
Vigilanza sui Contratti Pubblici
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